Alfabetizzazione Cyber: l’approccio del Cyber Think Tank Assintel
A cura di Marco La Rosa
Oggi la guerra si fa sempre meno sul campo di battaglia e sempre più dentro la nostra mente, in un incessante bombardamento di migliaia di narrazioni manipolatrici dai social e dagli altri canali a cui il mondo digitale ci espone ogni secondo. E non si creda che questo nuovo modo di farla sia a bassa intensità e perciò non ci faccia poi così tanto male: anzi, forse ottiene più risultati e lascia più danni delle vecchie armi convenzionali.
Basta guardare ai risultati. I cinesi sono riusciti a indurre nei giovani americani un forte rifiuto a combattere tramite Tik Tok, Zelensky ha tirato su il morale del suo popolo grazie all’uso sapiente dei “meme” e, da ormai un decennio, una misteriosa agenzia per le ricerche in internet di San Pietroburgo porta avanti le “psyop”, delle “operazioni psicologiche” volte a destabilizzare politicamente i paesi est europei con narrazioni false che fanno sapientemente leva su aspettative, pregiudizi e paure.
L’importanza delle narrazioni
La differenza tra le nuove forme di guerra e la propaganda bellica tradizionale sta tutta nell’inedita combinazione tra narrazioni, neuroscienze, psicologia, algoritmi, canali digitali e nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale.
Perché ricorrere a qualcosa di così tradizionale come le narrazioni in scenari così ultratecnologici? Nel suo libro appena uscito: Neuroscienze della narrazione, lo storytelling nell’era delle neuroscienze e dell’intelligenza artificiale (Hoepli), il blogger e divulgatore scientifico Marco La Rosa ci ricorda che alcuni esperimenti neuroscientifici come quello degli psicologi Schachter e Singer nel 1962 dimostrano che gli esseri umani interpretano le loro emozioni (rabbia, paura, gioia, entusiasmo) non solo sulla base delle reazioni fisiologiche, ma soprattutto in riferimento al contesto psicosociale in cui si trovano.
Basta quindi esporre le persone alle forme di narrazione-interpretazione del reale più opportune per fare loro interpretare quello che stanno provando come rabbia o odio e dirigere poi queste emozioni verso l’obiettivo ed il nemico desiderato. E i nuovi canali digitali sono, grazie alla loro natura onnipervasiva, l’ideale per consegnare qualsiasi tipo di messaggio a dei target prestabiliti.
La Rosa continua la sua analisi mostrando alcune applicazioni concrete delle scoperte delle neuroscienze e della psicologia cognitiva per creare storie particolarmente efficaci nell’influenzare l’opinione pubblica, manipolare le percezioni e, in definitiva, ottenere vantaggi strategici controllando ciò che potremmo chiamare lo spazio narrativo di una nazione.
Disinformazione mirata e ingegneria sociale
All’atto pratico, come vengono attuate le guerre cognitive? La disinformazione è una delle armi più utilizzate. Gruppi di attori statali o non statali possono diffondere notizie false attraverso i social media, siti web compromessi o altri canali online per influenzare l’opinione pubblica o destabilizzare nazioni avversarie. L’intelligenza artificiale, in particolare, può essere utilizzata per creare fake colossali per nulla distinti dalla realtà, come nel caso del falso arresto di Donald Trump.
Più subdoli sono gli attacchi di ingegneria sociale, che implicano la manipolazione psicologica degli utenti per ottenere informazioni sensibili o per condurli a compiere azioni dannose. Questa tattica è spesso utilizzata per infiltrarsi in reti sicure o per diffondere malware. Sarà così possibile atterrare interi servizi essenziali del paese nemico, dalle ferrovie alle poste, agli ospedali. Attacchi del genere si sono verificati anche in Italia.
L’ingegneria sociale viene utilizzata persino nel cyber spionaggio: l’accesso non autorizzato a sistemi governativi, aziendali o militari può fornire informazioni vitali che possono essere sfruttate a fini politici, economici o militari.
Orientamento e persuasione dell’opinione pubblica
Il vero, grande, obiettivo di una guerra cognitiva resta, comunque, spostare l’opinione pubblica del paese target verso determinate posizioni politiche, o a sostegno di politici amici della nazione che porta avanti l’attacco.
Un governo che è stato spesso accusato di interferire in modo piuttosto pesante nelle elezioni di paesi dell’area dell’Unione europea e degli stessi Stati Uniti è quello russo. Questo tipo di attacco cognitivo non fa leva sulla vecchia carta stampa, o l’obsoleta strategia della tensione, ma sui social, i media digitali e, nel caso della campagna di Hillary Clinton (almeno, secondo quanto riportato dal giornalista Kevin Carboni su Wired il 14 settembre 2022), nell’hackeraggio delle e-mail dei suoi sostenitori.
Liquefazione della società del paese nemico
Il tipo di psyop più pericolosa resta tuttavia quella che mira a distruggere la fiducia della popolazione nello stato e nei suoi rappresentanti.
Un esempio potrebbe essere sabotare sistematicamente e occultamente con attacchi informatici i servizi essenziali come gli ospedali e i trasporti, accompagnando il tutto con violente campagne di stampa sull’inefficienza del sistema. Oppure esporre la popolazione a continui messaggi sulla corruzione e la criminalità dilagante, evidenziando l’incapacità delle autorità competenti di assicurare l’ordine per la loro inefficienza e impreparazione.
Una società sfiduciata, depressa e divisa tenderà infatti a reagire poco o nulla, diventando un nemico poco temibile e tendenzialmente neutralizzato.
Il problema della difesa cognitiva
Nel suo libro, La Rosa solleva infine il problema della libertà cognitiva, intesa come diritto a non essere manipolati, e della necessità di politica di difesa più attive e mirate da questo tipo di operazioni.
Su questa linea si stanno muovendo non solo istituzioni come l’Unione Europea, ma anche gli stessi governi. Purtroppo, costruire politiche di difesa efficaci è oggi molto difficile, sia per la difficoltà di tracciare e colpire questo tipo di attacchi, sia per la complessità delle tecnologie in gioco.
Un punto però è sicuro: in un mondo sempre più interconnesso, la sicurezza informatica diventa una frontiera cruciale nella difesa contro le guerre cognitive. Le organizzazioni governative, le aziende e gli individui devono adottare pratiche avanzate di cybersecurity per proteggere le proprie reti e dati sensibili.
Ciò include l’implementazione di sistemi avanzati di rilevamento delle minacce, la formazione continua del personale per riconoscere le tattiche di ingegneria sociale e la collaborazione internazionale per affrontare minacce transnazionali, e, perché no, maggiori competenze di comunicazione e contropropaganda negli esperti di sicurezza.