La formazione per rendere l’intelligenza artificiale un mezzo di inclusione

La formazione per rendere l’intelligenza artificiale un mezzo di inclusione

Abstract

L'AI è uno strumento potente che sta rivoluzionando il mondo del lavoro e non solo, creando nuove opportunità e sfide. La formazione assume un ruolo fondamentale per favorire un’adoption efficace, responsabile ed inclusiva. In quanto tecnologia abilitante, se utilizzata consapevolmente, può favorire una maggiore integrazione, ed inclusione in contesti sociali e lavorativi differenti, impattando positivamente su diversi aspetti della vita quotidiana e sul business. Siamo in una fase working progress in cui la tecnologia richiede una consapevolezza importante delle potenzialità e il superamento dei bias al momento presenti.

Nel panorama lavorativo odierno, in continua trasformazione, l'intelligenza artificiale (AI) si impone come catalizzatore di una rivoluzione che permea ogni aspetto della nostra vita, personale e professionale. Proprio come il passaggio dalla macchina da scrivere al computer ha rappresentato un punto di svolta epocale, l'AI sta determinando un mutamento radicale già in atto, creando nuove opportunità e sfide che devono essere affrontate con consapevolezza.
Argomento molto discusso, è il fatto che l'intelligenza artificiale non sia esente da bias che altro non sono se non la proiezione dei bias umani sulla macchina.  Tuttavia, esiste un rovescio della medaglia e diverse attività gestite dall’AI potrebbero essere “neutralizzate”, perfezionando la tecnologia come uno strumento al servizio delle capacità umane e dell’ottimizzazione dei processi, che sta rivoluzionando il mondo del business.

Nonostante i bias presenti, i benefici derivanti dalla sua implementazione sono molti. In quanto tecnologia abilitante, se utilizzata consapevolmente, può favorire una maggiore integrazione, indipendenza e autonomia in contesti sociali e lavorativi differenti, impattando positivamente su diversi aspetti della vita quotidiana e sul well-being organizzativo. Si pensi ad esempio ai sistemi di computer vision, a tutta una serie di attività time consuming che potranno essere delegate, al riconoscimento vocale e traduzione e ai sistemi robotici che possono concretamente abbattere le barriere permettendo a persone con disabilità di superare limiti fisici e non solo, per un’inclusione che fino a qualche anno fa poteva solo essere immaginata.

Un altro aspetto importante per un’adoption inclusiva e responsabile dell’AI è senza dubbio la conoscenza. È per questo che, come Tack TMI, società di Gi Group Holding  specializzata in Learning and Development, stiamo proponendo seminari informativi per permettere a tutte le risorse aziendali con cui stiamo collaborando di conoscere cosa sia effettivamente l’intelligenza artificiale, il  suo potenziale e le aree di miglioramento. È necessario, quindi, possedere un mix equilibrato di competenze soft e hard. Il nostro Osservatorio ha individuato cinque competenze soft fondamentali per un’adoption dell’AI efficace:

  • pensiero critico;
  • intelligenza emotiva;
  • creatività;
  • collaborazione;
  • adattabilità.

Tutti possiamo essere formati ad un nuovo modo di lavorare attraverso dei laboratori pratici che permettano alle persone di imparare concretamente come utilizzarla. Accedere a questo sapere farà la differenza tra essere inclusi o esclusi dal nuovo scenario socioeconomico. Cambiare mindset è il primo passo per il superamento di resistenze culturali e organizzative, attivando un’adoption efficace.

Bias e utilizzo etico dell’AI

Ci sono ancora molte sfide aperte legate a tematiche come occupazione, etica, privacy, genere, DEI (Diversity, Equity and Inclusion) e non solo.  La formazione è fondamentale per affrontare, quindi, in modo proattivo e consapevole, un contesto così complesso, fornendo alle figure aziendali gli strumenti necessari per implementare soluzioni di AI etica, inclusiva e consapevole.

Come riporta l’articolo pubblicato su IlSole24 Ore di Irene Vecchione, Amministratrice Delegata di Tack TMI, “È fondamentale comprendere che, se l’intelligenza è artificiale, le skill per farla funzionare al meglio restano e resteranno quelle umane”.

A cura di Chiara Petrini, Tack TMI - Gi Group